La grande invasione: il ritorno.

Finita La grande invasione, che ricopre Ivrea di libri, lettura, condivisione e persone curiose di conoscere, mi viene in mente che tutta la questione che gli italiani non leggono deve avere una motivazione ancora non chiara. Per quei tre giorni la cittadina è piena di persone e tutte vanno in giro per incontri che parlano solo di libri, di scrittura, di lettura, di traduzione, di personaggi e di autori, e raccontano il piacere di avere a che fare con quel mondo di carta e sentimenti che è la letteratura. E' chiaro che sentirsi raccontare qualcosa sia molto meno faticoso che leggerlo o studiarlo da soli, l'elaborazione degli altri, ascoltata come fosse uno spettacolo, rende fruibile quasi tutto, specialmente se la voce è appassionata e sincera. Ma allora che sia forse la pigrizia, la noia e la scarsa voglia di impegnarsi a rendere la lettura orfana degli italiani?
Se fosse così, soltanto così, ci sarebbe davvero molto da fare, la medicina sarebbe lo stimolo, l'allenamento, ottenere i risultati del sapere sarebbe poi l'adrenalina che fa andare avanti, come le endorfine della corsa si potrebbero avere le endorfine della lettura. 
Essere ospite a un festival letterario, oltre a essere una gioia, mi ha fatto realizzare che la questione della crisi potrebbe essere risolta davvero: se la Grande invasione riempie gli animi e le giornate di una cittadina intera per tre giorni, con grande affluenza di persone e successo di pubblico, ma poi com'è che i libri non si vendono? Chiaro che questo sia un caso circoscritto a un luogo geografico storicamente e culturalmente particolare, ma se pure altrove si fosse un po' meno entusiasti ci sarebbe comunque più che il piacere di scoprire la lettura, gli autori e i libri, ci sarebbero la felicità e il divertimento. E dunque chi organizza la Grande invasione, col cuore e con la mente, fa bene a così tante persone e mette in piedi un progetto perfetto nella direzione che fa compiere al sapere e alla cultura. Una linea diretta tra ospite e visitatore, si viaggia sulle parole e la spontaneità, nessuno scranno, nessuna conferenza, nessuna prospettiva verticale, ché la cultura è di tutti, e a Ivrea nessuno la elargisce, nessuno si dona, nessuno la insegna, ma tutti la condividono, e ognuno mette ciò che ha: qualcuno l'esperienza, altri la curiosità e la voglia di conoscere. Sarebbe bellissimo studiare le derive di questa invasione, i libri venduti lì per lì e le pulci infilate nell'orecchio dei lettori più timidi o dei futuri lettori, quelli che non si sono alzati da un incontro per acquistare il libro, ma ci penseranno in questi giorni successivi e poi sì, entreranno in libreria a chiedere ciò che hanno conosciuto dal vivo. Perché le invasioni non si concludono smontando gli allestimenti, ma continuano dentro l'anima degli invasi, magari sedimentano e poi tornano fuori e qualcuno, tra forse sei mesi, sarà spinto in libreria a chiedere di quel libro, autore, traduttore o editore che gli ronza in mente da un giorno di fine primavera. 
E quindi grazie a chi piace raccontare di libri e a chi semina invasioni.

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